Perchè siamo arrivati a questo punto?

Concessioni rilasciate a prezzi irrisori, impossibilità di rinnovo con gare di pubblica evidenza, troppi soggetti delegati alla gestione dei canoni che non comunicano tra di loro, incapacità dello stato a riscuotere e accertare il dovuto, strapotere delle categorie balneari che negli anni hanno basato il loro guadagno sulla confusione delle regole, l'evasione fiscale di alcuni operatori , numerosi casi di occupazione senza titolo e spesso abusivismo edilizio.

Questo è la micidiale ricetta che ha portato le coste e le spiagge italiane al disastro ambientale e al monopolio di pochi.

La situazione è illustrata chiaramente dal Direttore dell'Agenzia del Demanio Murizio Prato il 29 gennaio 2009 alla Commissione Finanze ( Estratto)

(Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio, Maurizio Prato, sulle problematiche relative alla disciplina delle concessioni dei beni del demanio marittimo con finalità turisticoricreative giovedì 29 gennaio 2009 Commissione Finanze)

I COMUNI NON SI ADEGUANO ALLE LEGGI APPROVATE
"Solo la metà dei comuni si è uniformata alle prescrizioni della legge finanziaria 2007 e nessuna regione, neanche quelle con coste e spiagge di riconosciuta attrattività, ha deliberato l'alta valenza turistica".

TROPPI SOGGETTI CHE NON COMUNICANO
La ripartizione delle competenze di gestione ha ulteriormente accresciuto il numero di soggetti che, a vario titolo, esercitano poteri e competenze sul demanio marittimo. Li riepilogo: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le capitanerie di porto, le regioni e i comuni, l'Agenzia del demanio, le attività portuali, che intervengono nelle fasi del processo, ognuno per un aspetto di competenza.

INCERTEZZA SUI DATI
Il numero delle concessioni dovrebbe attestarsi intorno a 28 mila. Occorre usare condizionale, proprio perché, non esiste una banca dati unitaria, dalla quale sia possibile estrarre con certezza e in modo aggiornato sia il numero delle concessioni rilasciate, sia l'ammontare dei canoni e degli indennizzi.
Sono circa 900 le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali o di produzione di beni e di servizi.

DIRITTO DI PRELAZIONE E LUNGA DURATA DELLE CONCESSIONI SONO LE CAUSE
Il problema della lunga durata delle concessioni ha formato oggetto di attenzione, anche con riferimento al cosiddetto «diritto di insistenza», da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha sottolineato come la lunga durata delle concessioni, la pratica diffusa di rinnovi continuativi, nonché l'assenza di procedure trasparenti di rilascio, producano conseguenze restrittive della concorrenza e si pongano in contrasto con le normative comunitarie configurando un sistema premiale per il concessionario, in quanto viene, di fatto, a costituirsi una rendita di posizione.

LE REGIONI NON HANNO CLASSIFICATO LE COSTE ,QUINDI MINORE INTROITO
Non avendo le regioni provveduto alla classificazione del territorio costiero secondo quanto
previsto dalla legge n. 494 del 1993, l'allora Ministero dei trasporti e della navigazione, con
circolare del dicembre 1998, ha stabilì che nelle more di tale classificazione, i canoni per le
concessioni demaniali marittime turistico ricreative venissero calcolati applicando le misure unitarie più basse relative alla categoria C e tale situazione, è rimasta invariata per ben 13 anni, cioè fino al 31 dicembre 2006.

IL POTERE DEI BALNEARI E LA DEBOLEZZA DELLA POLITICA
In particolare, il tentativo compiuto con l'aricolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, che disponeva una rivalutazione automatica del 300 per cento delle misure tabellari, non ha sortito buon fine, in quanto le associazioni di categoria interessate hanno frapposto innumerevoli ostacoli all'attuazione della norma, contestando in particolare il carattere indiscriminato dell'aumento del 300 per cento ed infine la legge finanziaria 2007 l'ha definitivamente abrogata

UNICA NOVITA' LA PROPOSTA DEI VERDI NELLAFINANZIARIA DEL 2007
La novità maggiore ( della Finanziaria 2007 proposta dal Capogruppo dei Verdi Angelo Bonelli ) è rappresentata dal diverso trattamento riservato alle concessioni, comprensive di pertinenze demaniali marittime (ossia delle opere inamovibili divenute di proprietà dello Stato alla scadenza naturale della concessione) destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, per le quali è stato introdotto un canone commisurato ai valori medi di mercato anche se va precisato che detto canone sconta cospicui abbattimenti legati alla stagionalità dell'attività, ai lavori di straordinaria manutenzione a carico del concessionario, nonché all'estensione della superficie del manufatto destinato ad attività commerciale.
( E importante notare che )Sono escluse dall'applicazione di tale metodologia di calcolo, sebbene di proprietà dello Stato, le cabine, manufatti adibiti a depositi sedie e ombrelloni, servizi igienici, campi sportivi, piscine, terrazze e tutto ciò che non costituisce superficie sulla quale viene esercitata attività commerciale.

Ai fini di una più chiara illustrazione, si ritiene utile un'esemplificazione dell'impatto prodotto dai criteri di calcolo di cui alla legge finanziaria 2007 sulle singole tipologie di concessioni turistico-ricreative, raffrontando la situazione in essere fino alla data del 31 dicembre 2006 con quella venutasi a delineare successivamente.

(Prendendo ad esempio la concessione di uno stabilimento tipo con una pertinenza demaniale marittima destinata ad attività commerciale) si vede come il canone, che incide in termini differenziali soltanto per l'attività a destinazione commerciale di ristorazione, con la disciplina della finanziaria 2007 è di 31 mila euro annui.
Per la stessa tipologia di concessione, in base alla normativa precedente, il canone sarebbe stato di 2.789 euro.

( In un altro esempio) è indicato un esempio di concessione demaniale con manufatto, non
costituente pertinenza demaniale marittima, ( sempre) adibito a ristorazione e quindi soggetto ad applicazione dei canoni tabellari. Non c'è sostanziale differenza rispetto alla disciplina precedente, fatta salva l'attualizzazione agli indici ISTAT. A fronte di 3.448 euro, in base alla disciplina precedente il canone per la stessa tipologia sarebbe stato di 2.282 euro.

PER QUANTI ANNI I CANONI SONO STATI SOTTOSTIMATI?
È evidente che, per quanto attiene alle pertinenze demaniali, quindi alle destinazioni commerciali, il raffronto tra il periodo antecedente alla legge finanziaria 2007 e quello successivo è rilevante. Si passa da 3.000 a 30.000 euro all'anno, con un aumento di dieci volte.
Bisognerebbe capire se i dati siano comparabili; occorre chiedersi se sia sbagliato il 30.000 oppure il 3.000.

NECESSITA' DI UN INDAGINE DELLA GUARDIA DI FINANZA PER STABILIRE LA REDDITIVITA' DELLE CONCESSIONI
Per accertare ciò, in un'indagine di polizia tributaria, ( sarebbe sufficiente) andrebbe a controllare, nella zona, gli altri stabilimenti che esercitano la medesima attività fuori dal demanio marittimo, visto che ce ne sono, al di là della strada, che sorgono su proprietà private.
Forse, questa sarebbe un'analisi da far compiere alla Guardia di finanza. Bisognerebbe capire qual è la redditività degli altri stabilimenti. Sarebbe inoltre interessante verificare – dal momento che è possibile il trasferimento, cioè la vendita, delle concessioni - quali siano i valori di trasferimento sia delle concessioni che insistono sul demanio marittimo, sia delle attività commerciali che sono ai margini del demanio marittimo.
Non c'è dubbio che esista questa grossa differenza, tuttavia occorre chiedersi se fosse più corretto che il ristorante sulla spiaggia, prima, pagasse 3.000 euro l'anno, o se sia più corretto, ora, che ne paghi 30.000. Se 3.000 euro l'anno è un canone adeguato, indubbiamente il salto è notevole. Se non lo è, si deve concludere che, in passato, è stata operata una sottostima.

Come è potuto accadere che le spiagge siano state privatizzate...

Dall'apparizione dei primi stabilimenti si è assistito alla progressiva sparizione dell'arenile libero che anche grazie alle istituzioni impotenti, distratte o stranamente assenti, certamente insensibili alla tutela delle spiagge libere, hanno decretato la quasi completa estinzione sia dei caratteri originari dei litorali, sia della possibilità di fruizione libera dell'arenile.
Le spiagge libere per la balneazione oggi rimaste rappresentano una modesta e sempre minore percentuale del fronte mare, con tratti di diversi chilometri ormai completamente cementificati ed esclusi alla libera fruizione.
Le conseguenze di tali scompensi compromettono, in molte aree del litorale nazionale, l'aspetto democratico e della legalità dell'utilizzo del demanio marittimo.

Senza contare che in troppi litorali non si può accedere alla spiaggia, difesa nella stagione invernale anche dal lato mare da una serie interminabili, di degradanti bandoni metallici, non si può vedere il mare nascosto da muri di confine, divisori, cancelli e recinzioni metalliche con aggiunte tende, stuoie, ecc.
La comparsa degli stabilimenti si è avuta utilizzando permessi per l'esercizio della balneazione, rilasciati, in diversi periodi, dal Ministero della Marina, dalla Capitaneria di Porto, dal Comune di appartenenza.
La "tecnica" di occupazione progressiva dell'arenile è variata con il mutare delle esigenze della popolazione e con la diversa normativa a tutela del demanio marittimo.

Negli anni, è aumentata sempre più la richiesta di un "posto al mare" e la balneazione si è trasformata spesso secondo il modello "Versilia", con esigenze diverse quali la cabina e i servizi per tutti i ceti popolari con ovvie diverse e ingenti esigenze di spazio che hanno determinato richieste di autorizzazioni riferite non più a piccole strutture per la ristorazione, ma progressivamente a complessi in muratura comprendenti, cabine, passeggiate, spogliatoi, servizi, bar, ristoranti, piscine, campi da tennis, locali da ballo, locali commerciali anche non connessi alla balneazione.

Solo una vigilanza assidua ed efficiente delle amministrazioni locali e delle Capitanerie di Porto, oltre che di tutti i cittadini e Associazioni può prevenire sul nascere i gravi fenomeni di abusivismo in aree sul demanio marittimo che hanno contribuito nel corso degli ultimi 40 anni alla cementificazione delle coste e al cosiddetto "mare in gabbia".

È bene comunque ricordare come, in questo ambito, un ruolo fondamentale continuano ad averlo le Regioni. Le loro competenze sono fondamentali per la tutela ambientale delle coste, per i vincoli paesaggistici, gli strumenti urbanistici inerenti gli arenili, i rinnovi e i rilasci delle concessioni.

In pratica sono le Regioni che devono decidere se e come tutelare ulteriormente dalle edificazioni le loro coste attraverso normative più restrittive, se e come intervenire in merito agli strumenti urbanistici dei comuni, se e quando consentire alla revoca o alla decadenza di una concessione demaniale per inadempienze o violazioni per procedimenti avviati dai comuni competenti, se e quando approvare il Piano regionale delle Coste, ed infine vigilare sulla corretta applicazione delle deleghe ai comuni in materia di nullaosta ambientali.

È chiaro che per salvaguardare le spiagge, il turismo, e prevenire l'erosione marina, bisognerà comunque arrivare ad una legge di tutela costiera, sul modello per esempio sperimentato Giunta Regionale Sarda in Sardegna, che prevede il blocco della nuova edificazione sulle coste per una profondità di due chilometri.